Skip links

Newsletter gennaio 2023

Che c’è di male nel volersi sentire vitali e sicuri di sé? Voler affrontare le sfide della vita sentendosi robusti e pieni di energia è un impulso elevato e bellissimo. Possiamo concordare sul fatto che ricercare emancipazione e solida fiducia in se stessi è un desiderio comprensibile e sensato, ma non lo è più quando è una reazione al senso di perdita dell’Essere, una ricerca coatta e inconsapevole di ricreare l’idea che abbiamo dell’esperienza della forza e del vigore. Vogliamo sentirci autonomi, intraprendenti, influenti e avere il nostro posto su questo pianeta e finiamo per chiuderci in una prigione di continua lotta.
In questo anelito all’essere artefici del proprio destino si nascondono diverse possibili trappole. Per molti individui la maggior parte delle azioni che tendono a esercitare il potere di cambiare, di agire e di interferire nelle cose, di fatto tendono a essere reazioni contro la realtà. Un desiderio che si basa sul preconcetto che se non si controlla l’ambiente si rischia di essere controllati o violati, di subire danni irrimediabili, di essere deboli e privati di autonomia. Questo preconcetto porta a difendersi costantemente, a opporsi  allo stato delle cose e combatterlo. Le azioni non sono quindi una risposta a ciò che sta accadendo, ma solo una reazione contro ciò che accadendo. Alcuni arrivano a spingere e sfidare fisicamente, emotivamente e mentalmente ciò che sembra ostacolare il proprio volere. Altri necessitano di asserire la propria forza attraverso la realizzazione di imprese, diventando autoritari e decisionisti.

La trappola è che quando la vitalità e la sicurezza in se stessi si basano su un senso di minaccia alla propria volontà, e sulla convinzione che ci sia qualcosa da forzare per proteggersi, ci si imbarca nella direzione inversa a quella anelata. La credenza di un danno subito induce a sentirsi legittimati a combattere perché la cosa non si ripeta, per diventare invulnerabili. È un’attitudine individualista che alimenta la sfida alla realtà ed è anche una forma di fuga e di negazione.
Nella lotta si può essere vinti e sentire una ferita che suscita il desiderio di vendetta, oppure si può essere vincitori e ancora più in tensione e spossati, un altro tipo di ferita. In entrambi i casi si è perdenti, poiché ci si allontana da se stessi. Questa trappola nutre la testardaggine a ripetere gli errori passati o ad attraversare ripetutamente la stessa situazione. Nutre la proiezione che siano gli altri a mettere ostacoli sul cammino e la convinzione di non avere bisogno di nessuno. Spinge a credere che ogni cosa è una prova di volontà cui non recedere, che tutto ha un prezzo e che il potere rende giusti.  La territorialità che nutre questo schema vive con il senso di responsabilità personale ad avere il controllo a ogni costo per sopravvivere, a mostrare agli altri chi comanda, a scuotere e provocare per ottenere obbedienza. Provoca presunzione, prepotenza e anche crudeltà verso chi non si allinea ai piani e trasforma l’energia vitale in abuso. Sono gli altri a vivere nel mondo dei sogni, a essere deboli e instabili, ad avere bisogno, a non portare rispetto.

Spesso al dialogo interno ricco di giudizi assoluti circa la debolezza e la fragilità e circa la necessità di corazzarsi per non essere facili prede, si accompagnano la dolorosa esperienza emotiva di ingiustizia e tradimento e anche tensioni fisiche in tutto il corpo anche a riposo. La sensazione è quella di essere una armatura, un corpo ancorato, come un pezzo unico.
I confini e la protezione sono importanti, tuttavia perché siano di sostegno è necessario che mantengano la connessione, l’integrità e il rispetto con se stessi, con l’altro e con la realtà di ciò che accade. Se separano e induriscono, sono confini che diventano muri difensivi basati sulle tensioni e sullo spegnimento della consapevolezza cenestesica e dell’ambiente, motivati dalla paura, dalla rabbia e dalla sfiducia, non dall’amore.
La forza istintiva vitale risponde senza sforzo a ciò che accade, è un fluire organico ed equilibrato che offre sostegno, fiducia in se stessi, chiarezza nella volontà e nell’intenzione. L’immediatezza che accompagna l’essere reali e vitali è un’immediatezza sensoriale che precede la percezione, una forza intrinseca di cui ogni cosa è infusa. Il rifiuto e la negazione delle cose per come sono, soprattutto quando non riconosciuto è dolorosissimo. È un costante abbandono di se. È masochismo, disperazione.

Qualcuno ora ha già compreso che le qualità dell’esperienza che sto descrivendo appartengono al punto Otto dentro ognuno di noi. Ovviamente molto più forti e radicate per chi vive in questo territorio, Il tipo Otto. Tuttavia è importante riconoscere quanto tutti, indipendentemente dal tipo, abbiamo accesso alle qualità di questo punto soprattutto quando siamo nell’area dell’emancipazione e del cosiddetto potere personale, del potere considerato sia come verbo, sia come sostantivo.
C’è una parte di noi che costantemente vuole fare andare le cose in un certo modo, che vuole essere soddisfatta a qualsiasi costo, che pretende risultati e controlla. Che cerca di creare una falsa versione della potenza, della forza, della dinamicità e della vitalità che mai potrà soddisfarci. Tutti abbiamo fatto esperienza del preferire biasimare qualcosa o qualcuno perché le cose non vanno come vogliamo noi e del preferire alzare muri al mantenere la connessione con ciò che ci ferisce e al sentirsi impotente.
A rendere ancora più complicato questo schema c’è il fatto che il punto Otto in ognuno di noi è in perenne conflitto con un’altra parte di noi, quella che crede che per sentirsi forte, reale e vivo è necessario non avere necessità emotive. Che non vuole essere vista bisognosa, che non riconosce la propria ricerca di contatto e conferme perché crede siano scemenze, che nega la propria umanità e che per cercare soddisfazione rende le persone dipendenti. Sotto il tappeto del vigoroso ci sono manipolazione emotiva e senso di castrazione.

Come pratica per scoprire il nostro punto Otto bloccato nello schema limitante potremmo dedicare un po’ di tempo all’esplorazione della nostra idea dell’essere forti, del modo in cui siamo forti e di come ci sentiamo emotivamente quando esploriamo questo tema. E anche potremmo riflettere sulle varie circostanze in cui ci siamo messi sotto pressione per essere forti, provvedere agli altri, non piangere, non mostrare debolezza e vulnerabilità, dubbio o indecisione. Poi è utile intercettare un pensiero, un’emozione o una sensazione fisica di questi momenti. Conoscere come funzioniamo nella mente, nel cuore e nell’agire è l’unica via di libertà dall’automatismo.

Il paradosso è che possiamo essere intraprendenti e in piena fiducia in noi stessi solo se siamo in accordo con la situazione, senza opporci a essa. La reazione è tensione, controllo, una coazione basata sull’illusione della separazione e su esperienze passate. La risposta è sempre nel presente, al presente e basata su un’organica unità con la realtà.
Vivere totalmente la realtà che è ora senza opporvisi è il passo fondamentale che questo punto ci invita a fare per incarnare il potere di cambiare la realtà. Responsabilità è abilità di risposta e l’abilità di rispondere alla realtà suscita azioni significative e cambiamenti essenziali.
L’opposizione alla realtà è una caratteristica importante del punto Otto a Livelli medi e bassi, ben mascherata dall’intraprendenza e dallo sforzo assertivo, attitudini che implicano il suo non totale riconoscimento. Se si lotta contro ciò che è non si puoi essere totali. Se si lotta con se stessi non si può conoscere se stessi.

È necessario rendersi conto di essere finiti in questa trappola per poterla accogliere e per intenzionalmente permettere un movimento oltre la essa. Consapevolmente mollare le difese e l’attitudine oppositiva e lasciare spazio al nutrimento emotivo e al bisogno. Essere toccati profondamente nel cuore è essere totalmente umani è cosa ben diversa dall’essere deboli.  Arrendersi a ciò che è porta a essere totali in qualsiasi cosa si faccia e a vivere pienamente la vita, porta passione senza indulgenza o eccesso e cambia radicalmente la qualità del nostro impatto nel mondo. La totalità aumenta l’abilità a rispondere alla realtà e la possibilità di riconoscere potere di cambiare.
Il primo sostegno per poterci permettere di abbassare al guardia è la presenza nel corpo. Non nell’idea che ne abbiamo, non a come ci fa sentire emotivamente, bensì proprio nei sensi, nei muscoli, nel sangue, nelle ossa, nelle viscere. E poi lasciare spazio alla spontaneità, alla curiosità, al desiderio di esplorare ciò che accade e di allargare i propri orizzonti. Tutto questo aiuta a rimanere collegati all’interiore senso di vitalità, potenza, forza e immediatezza. E anche a riconoscere che l’impatto che sentiamo di poter avere e la realizzazione della nostra visione non richiedono la lotta costante che ci immaginiamo e il conflitto che portiamo avanti. Conduce alla compassione.

Abbiamo bisogno di passare attraverso le esperienze con vigile consapevolezza, sviluppare comprensione riguardo al punto di svolta che emerge nella sincronia con l’esistenza, quando cade la divisione e la separazione tra la parte di noi che accetta e quella che rifiuta. Il reale diventa disponibile solo quando lavoriamo per esso con la nostra interezza ed energie fresche e nuove sorgono solo dopo avere attraversato un certo punto di svolta.

Il mio augurio è che questi primi giorni dell’anno siano vissuti con la consapevolezza che solo la totalità trasforma. Che siano giorni coraggiosi, perché più agiamo pienamente, più energia è disponibile per occuparci di aspetti della realtà che hanno davvero bisogno di cambiare e raggiungere il loro più alto potenziale.

Maura Amelia Bonanno