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Newsletter aprile 2024

In che modo la mappa dell’Enneagramma sostiene il coaching, il counseling e in generale le professioni di relazione di aiuto? Come per tutti i sistemi di conoscenza, possiamo incontrare molteplici possibilità.
Ciò che generalmente si incontra quando si vuole integrare l’apprendimento della mappa nella propria professione è un sostegno per individuare con rapidità le reali motivazioni, difficoltà e risorse del cliente. Questo porta molti coach e counselor a esserne particolarmente attratti e altri a esserne particolarmente avversi. Entrambe le risposte hanno un solido fondamento. Nel primo caso l’attrazione è giustificata dal fatto che quando si ha una profonda comprensione della mappa e una solida pratica di coaching o counseling, davvero l’Enneagramma sostiene il professionista a sostenere il cliente. Nel secondo caso l’avversione è giustificata dal fatto che quando si ha una superficiale comprensione della mappa e una sbrigativa pratica di coaching o counseling, davvero l’Enneagramma limita il professionista e imprigiona il cliente.

Molti sono refrattari all’Enneagramma proprio per questo realistico grande rischio del suo utilizzo per etichettare, definire in modo blindato, presumere di sapere meglio dell’altro, controllare se non anche manipolare la relazione. Come per tutti i sistemi di conoscenza, le scorciatoie e le vie facili non funzionano neanche con l’Enneagramma.
L’Enneagramma non è un sistema di valutazione, stima, giudizio o diagnosi. È un sistema di conoscenza di sé e del mondo e in quanto tale implica un coinvolgimento totale dell’essere, cosa ben diversa dal mero avere informazioni a riguardo.
Da questa prospettiva può essere un sostegno preziosissimo per il professionista attraverso la propria conoscenza di sé, la propria pratica di sviluppo della consapevolezza e della presenza. Per tutti in verità, ma vediamo quali aspetti sono particolarmente nutriti nella relazione di aiuto.

Conoscere le proprie dinamiche interiori come descritte dall’Enneagramma – i centri, i punti, gli istinti, i tipi, la dinamica delle frecce e dei Livelli, la struttura del sistema difensivo, ecc. – permette per esempio di essere consapevoli del proprio porsi o meno nella relazione in modo chiaro riguardo alle responsabilità e ai confini. Coscienti ella propria attitudine a coltivare una relazione di aiuto che sia davvero una co-creazione, un partnering, una collaborazione.
Nella grande maggioranza dei casi, quando siamo controllanti o manipolatori non ce ne rendiamo conto, ma il cliente molto probabilmente a un certo punto lo percepisce. Per creare un ambiente collaborativo, sicuro e di sostegno che gli consenta di condividere liberamente e per mantenere un rapporto di reciproco rispetto e fiducia è fondamentale che il professionista le proprie motivazioni profonde, il proprio bisogno, le proprie strategie che altrimenti agiscono in modo automatico, celate dalle migliori intenzioni.

Cercare di capire il proprio cliente non significa affibbiargli un tipo. Significa essere consapevoli dei propri pregiudizi per esserne il più liberi possibile. Per riconoscere le sue percezioni e intuizioni o le sue convinzioni e preoccupazioni, per rispettare la sua espressione unica, è necessario conoscere le proprie.
È un equilibrio molto sottile e prezioso, perché è vero che a volte lo schema interiore del cliente è particolarmente evidente. In questi casi è ancora più importante conoscere le proprie dinamiche e lasciare spazio. Certo, abbiamo uno strumento che ci aiuta a utilizzare un vocabolario che meglio incontra l’altro, ma c’è una enorme differenza tra il farlo rimanendo nella relazione oppure per controllarla. Senza spazio non può esserci fiducia, presenza, rispetto. Se siamo convinti di sapere, se scegliamo la via facile, se imbocchiamo la scorciatoia, se etichettiamo il cliente, la curiosità e la connessione fondamentali alla relazione di aiuto muoiono.

È anche vero che per tutto questo, come per ascoltare attivamente, comunicare in modo efficace, evocare consapevolezza o coltivare la crescita non è fondamentale conoscere l’Enneagramma. Sono attitudini e abilità che si sviluppano e si nutrono in tanti modi differenti. Tuttavia, l’Enneagramma utilizzato in modo adeguato è un sostegno enorme nel processo.
Conoscere in modo preciso verso cosa dirigiamo la nostra attenzione e cosa tendiamo a negligere permette di ascoltare e rispecchiare ciò che il cliente comunica, dice e non dice, in modo più vero e chiaro. Riconoscere i nostri cambiamenti di energia, i segnali non verbali e altri comportamenti in noi stessi, consente di riconoscerli nel cliente rimanendo in connessione.  Avere consapevolezza delle nostre proiezioni e pregiudizi rende più pulito il riconoscimento degli schemi del cliente.
Senza conoscenza di sé è difficile essere davvero sicuri di sé, davvero capaci a sentirsi a proprio agio nel “non sapere” e lasciare spazio al silenzio, alle pause e alle riflessioni. Senza una buona gestione delle proprie emozioni è impossibile rimanere presenti a quelle del cliente.

Utilizzare l’Enneagramma nella relazione di aiuto non significa che so meglio del cliente cosa può essergli utile. Non significa che posso attingere a una serie di domande preconfezionate per ogni tipo. Non significa che so a priori cosa funziona.
Significa che il lavoro di conoscenza di sé permette al professionista di sintonizzarsi dentro di sé e connettersi con il cliente, una qualità di presenza in cui le strategie lasciano spazio a un fluido intuire quando è il momento di sfidare, di fare una certa domanda, di condividere la propria esperienza senza attaccamento.
Significa che l’incarnata conoscenza dell’Enneagramma consente di riconoscere sani confini e di rispettare l’autonomia del cliente. Permette di incontrarlo dove realmente è.
La conoscenza e utilizzo adeguato dell’Enneagramma attraverso il lavoro di conoscenza di sé permette anche di rispettare davvero la diversità, di essere davvero inclusivi, di riconoscere davvero l’uguaglianza. Perché l’attitudine all’inclusione è influenzata dalla mentalità. Perché la diversità è differenza e l’Enneagramma dimostra in modo potente che le reali differenze che influenzano le relazioni non sono le abilità, l’età, l’aspetto, la carriera, i vestiti, la cultura, la disabilità, l’istruzione, l’etnia, l’esperienza, il genere, lo stato di salute, gli interessi, lo stato civile, la nazionalità, lo stato genitoriale, la filosofia, le opinioni politiche, la religione, l’identità sessuale, lo stato socioeconomico, la tribù o l’esperienza lavorativa. L’Enneagramma rende chiaro che nostre differenze appartengono a un dominio profondo e sacro e che sono ciò che ci rende unici.
Quando comprendiamo questo diventa naturale trattare tutti ugualmente bene, aiutare le persone a essere e a fare del loro meglio, rispondere tenendo conto delle diversità come risorsa e valore in un terreno di comune umanità, non indipendentemente dalle differenze.

La mappa dell’Enneagramma utilizzata per la conoscenza di sé sostiene i professionisti della relazione di aiuto portando consapevolezza dei propri valori, credenze e comportamenti. Aiuta a riconoscere come questi influenzano la propria pratica e come questa consapevolezza è utilizzata per gestire la propria efficacia nel sostenere l’obiettivo o il bisogno o il cambiamento desiderato del cliente, per favorire le sue intuizioni e apprendimento. Aiuta a vederci meglio e a costruire e nutrire una relazione di aiuto che possa definirsi tale.

Maura Amelia Bonanno